Tiziana Arnone
2 min readApr 28, 2018

Rammarico (breve storia di un desiderio spezzato)

Io ed M. siamo di quelli che “vorrei-ma-non-posso”. Anch’io e A. siamo di quelli che “vorrei-ma-non-posso”. ce lo siamo detti in modo, più che spudorato, poetico. E ci siamo promessi che, in un’altra vita, io sarei stata per lui e lui per me. Sappiamo entrambi di non credere alla reincarnazione. Quello che si dice, in questi casi, è una sublimazione. Godi, sapendo che non avrai mai l’oggetto del tuo desiderio. Non so quanto possa essere edificante. Non so davvero. Quello che so è che la sublimazione è un’altra faccia dell’attesa. Peccato che rimanga onirica. E proprio di questo può solo nutrirsi. Immagini e sogno.

Con M. è stato diverso.

Interno giorno. Abitacolo di un SUV. Una gita, più o meno, da un fornitore comune. periferia di Londra.

Con M. è stato di quelle cose che ho classificato alla voce: “stupore”.

Quella volta, nello sguardo di M., c’era anche rammarico, oltre che meraviglia stupefatta. La cosa mi colpì, ma, nei gorghi di un’insana insicurezza, nella certezza di un promessa da mantenere con un altro, non ho indagato. Nè approfondito.

A ripensarci adesso, il rammarico di M. era più per una legame, il suo, più legante del mio. Chissà.

A ripensarci adesso, un altro pensiero urticante si fa strada, con prepotenza premurosa, nella mia mente: c’era stato un prima in cui la voce, le nostre voci avevano (screanzate) creato attesa. Erotica. Decisamente. Senza volere. Ancora più sensuale. Titillante. L’attesa di vedere se quel corpo immaginato era della voce ascoltata al telefono. Non deludere, cioè, l’illusione desiderata.

Ecco perché negli occhi di M. c’era rammarico. Ecco perché si sentiva il suo scombussolamento e il mio imbarazzo.

Immaginate: l’abitacolo di una macchina, la scoperta stupefacente di un’attrazione, che lì, proprio lì e in quel momento, può consumarsi, esplodere, avere una forma. Immaginate: gli sportelli che si chiudono, con una diacronia che tende ancora di più l’attesa, l’incontro; l’esitazione della mano sulla chiave. Basterebbe un giro per dare vita al motore. E così l’incanto sarebbe spezzato. Allora, per quanto può, M. decide di aspettare. Lo assecondo. Anch’io voglio essere lì. In quel momento. E’ solido. Determinato. E poi abbiamo un scusa, validissima agli occhi del mondo, per restare lì dentro. In quell’intimità improvvisa e inaspettata. Dobbiamo confrontarci sull’incontro appena avvenuto. Prezzi, tempistica. Cose asettiche, distanti che ci dicono perché siamo lì, nelle pastoie di un desiderio inatteso, che si disvela.

Distolgo lo sguardo dal suo sorriso e dalla sua bocca. M. ritorna serio a fissare il parabrezza, come fosse uno specchio magico per scrutare il suo futuro.

Io sono promessa a un altro. M. è legato a un’altra (di cui non dirà mai. lascerà solo intuire. Come me, del resto).

E’ il momento. La mano che prima ha indugiato, adesso non ha motivo alcuno di esitare. Con piglio consueto gira la chiave. Il motore si accende. La macchina si avvia. Con determinazione e rammarico.

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Written by Tiziana Arnone

“I write what I couldn’t tell anyone”. writer. poet, observer. Relationship. Parenting. Personal Growth. Enchanted with life. Thin Skin/amazon.com

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