On the physical nature of forgiveness
a brief note on the concrete symbol of forgiveness

To touch is to save and not just along Scripture pages.
More than words of apology, after a glaring quarrel, what is sealing the past storm is hugging. Is shaking hands. A contact, then, you can measure, narrow, feel on your skin.
More than “saying sorry”, what counts is to bridge that space, that distance, with a hug, by touching. Because those feet mutually moving are meaning one long and multiple thing:
- here-I-move-forward-you
- I-recognize-I-can-start-again
- I-can-go-beyond-my-pride.
By bridging that distance, semantically, I come off from my conviction — physically I come off from my position — and I recognize how important is doing it: apologizing, making peace, forgiving.
(Della fisicità del perdono
Toccare salva e non solo nelle Sacre Scritture.
Molto più che le parole di scuse, dopo un litigio lucente, quello che sigilla la tempesta passata è l’abbraccio.
La stretta di mano.
Un contatto, quindi, che si può quantificare, circoscrivere, sentire sulla propria pelle.
Molto più che “chiedere scusa”, ciò che costa è colmar quello spazio, quella distanza, con un abbraccio, toccandosi. Perché quei piedi che mutualmente si muovono vogliono dire: una cosa sola:
ecco ti vengo incontro — riconosco di potere ricominciare — so andare al di là del mio orgoglio.
Mi stacco, semioticamente, dal mio convincimento — fisicamente dalla mia posizione — e riconosco quanto sia più importante farlo: chiedere scusa, fare la pace, perdonare.)